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I MODI DI DIRE, PUBBLICATI IN CALCE AI POST RIGUARDANTI VENEZIA, SONO TRATTI DAL LIBRO "SENSA PELI SU LA LENGUA" DI GIANFRANCO SIEGA - ED. FILIPPI EDITORE VENEZIA O DA "CIO' ZIBALDONE VENEZIANO" DI GIUSEPPE CALO' - CORBO E FIORE EDITORI.
SPERO CHE GLI AUTORI APPREZZINO LA PUBBLICITA' GRATUITA E CHE IO NON SIA OBBLIGATO A SOSPENDERNE LA PUBLICAZIONE.
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I MIEI AMICI LETTORI

martedì 17 ottobre 2017

60° DOGE - ANDREA CONTARINI (1368-1382) -PARTE PRIMA

Premetto che per questo lungo dogado preferisco dividere il post in due parti

Nel conclave che seguì alla morte di Marco Corner, i candidati alla successione erano molti ma su tutti spiccava Andrea Contarini che per ben due volte era riuscito a non farsi eleggere. In un viaggio in Oriente, un arabo gli aveva predetto che sarebbe diventato doge ma che avrebbe dovuto affrontare gravi problemi.
Allora, invece di partecipare al conclave, egli si ritirò in una sua villa di Paluello, presso Padova, al fine di evitare l'elezione.
Venne eletto ugualmente, con 25 voti, e fu costretto ad accettare perché assieme alla nomina arrivò la minaccia della confisca di tutti i suoi beni se avesse rifiutato. Ritornò a Venezia accompagnato da sedici patrizi. Fu sommerso di lodi, meritate, sia dai cronisti dell'epoca che dal popolo.
Aveva però qualche macchia nel suo passato. Giovane "moneghino" (nome attribuito a chi si accoppiava con le monache) fece lega con Marco Priuli ed insieme si recarono nel convento della Celestia dove Marco aveva un'amante. Andrea si infila anche lui nel letto di un'altra suora con o senza il di lei consenso. Si accorge che la donna ha una fede che porta essendo sposa di Cristo e non si sa se sia lui a fuggire per rimorso (dopo l'atto) o se sia stato cacciato dalla suora per atto non compiuto. Passando per il chiostro davanti ad un crocefisso di legno, narra la leggenda, vide il Cristo muovere il capo sdegnosamente e restare poi con il capo abbassato. Gli venne anche in sogno durante la notte predicendogli il dogado.
Da quel momento si comportò morigeratamente, sposo fedele  (quasi) di Costanza, che fu dogaressa, padre di due figli e due figlie ma con la zonta (aggiunta in veneziano) di un figlio di nome Marino che non si sa da chi l'avesse avuto, sempre che non fosse il figlio della famosa monaca. Altro precedente: inviato a Creta, non si sa perché tornò in patria senza il permesso del doge, ma si pensa che fosse lecita la sua fuga essendo poi condannato soltanto ad una multa di mille lire.
Quindi, molto probabilmente, i meriti di cui si parla probabilmente arrivarono dopo l'elezione al dogado.
Come dalla previsione dell'arabo, cominciarono i problemi. I Triestini depredarono una nave veneziana e la Repubblica inviò immediatamente milizie e navi che assediarono la città da terra e dal mare. Venezia voleva umiliare Trieste, e per sua fortuna, Leopoldo, duca d'Austria, non intervenne malgrado la richiesta di aiuto della città che si arrese nel novembre del 1369 accettando il dominio della Repubblica lagunare che si dimostrò abbastanza clemente. Si lasciò al comando la municipalità esistente ed si autorizzò un'autonoma attività commerciale. Venezia versò agli Asburgo 75.000 ducati d'oro in cambio della loro rinuncia ad ogni diritto su Trieste. Però anche questo pagamento, fatto per essere tranquilli, pesò molto sulle finanze dello Stato ed, a posteriori, si rivelò un errore.
Poi tornò alla carica Francesco da Carrara che voleva colpire il traffico mercantile di Venezia nell'entroterra. Le sue fortificazioni sulla Brenta erano arrivate in prossimità della laguna. Gli ungheresi inotre accorsero in aiuto al signore di Padova e quindi gli scontri diventarono inevitabili ma la città doveva poteggersi anche dalle eventuali "talpe" carraresi e padovane che vi vivevano già. Scattò quindi lo stato d'emergenza anche perché Francesco da Carrara mirava ad avvelenare l'acqua potabile ed a provocare degli  incendi all'interno della città. Modo un po' scorretto, per quei tempi, di condurre una guerra. Fu però arrestato un certo frate Agostino ed il maneggio fu sventato.
L'orgogliosa Venezia organizzò un esercito di 7.000 uomini e sconfisse le truppe del re Ludovico d'Ungheria che si ritirò dalla guerra il 21 settembre del 1373. Francesco, che aveva chiesto aiuto al Duca d'Austria, si accorse che Venezia aveva sobillato suo fratello Marsilio per usurpargli la Signoria e preferì chiedere la pace che gli costò, quale indennità di guerra, la somma di 60.000 ducati ed una implorazione per un solenne perdono al doge in persona. Il 2 ottobre 1373, suo figlio, Francesco Novello, rese omaggio ad Andrea Contarini nella sala del Maggior Consiglio, in ginocchio, giurando l'osservanza delle condizioni di pace. Era accompagnato da Francesco Petrarca (residente ad Arquà), come fiduciario dei Carraresi ma ben visto dalla Repubblica Veneta.
Trieste e Padova si tenevano comunque pronte per una rivincita e questa si presentò quando Genova e Venezia si scontrarono per un combattimento all'ultimo sangue.
La scintilla di questo ennesimo scontro fra le due repubbliche marinare si accese il 10 ottobre dello stesso anno. A Famagosta, durante l'incoronazione di Pietro II di Lusignano quale re di Cipro, il Console di Genova Paganino Doria ed il bailo Veneziano Marino Malipiero si insultarono a vicenda ed i genovesi furno scaraventati dalle finistre del palazzo. La lite poi si propagò e divenne una caccia ai genovesi in tutta Famagosta. Genova reagì inviando ingenti forze militari che conquistarono molte piazzaforti dell'isola, restituibili solo contro un pagamento di circa due milioni di fiorini. Venezia non si era mossa ma chiaramente non poteva ignorara la richiesta di aiuto di Pietro II che non voleva sottostare ad un'imposizione così umiliante per le colpe delle quali, in fondo, era responsabile la città lagunare. Oltretutto i genovesi avevano diretto la loro flotta su Tenedo, l'isola all'imboccatura dell'Ellesponto e scalo importante per il traffico sul Bosforo. Venezia l'aveva avuta dall'imperatore Giovanni II Paleologo quale garanzia per un prestito di 30.000 ducati d'oro ed il provveditore Veneziano Antonio Venier la difendeva strenuamente contro i genovesi.

FINE DELLA PRIMA PARTE

MODI DI DIRE

Parlar come un fachin de strada o dela Maritima
(Parlare come un facchino di strada o della Marittima)
Quindi in modo sguaiato e sboccato.

Bisogna però ricordare che il termine "fachin" deriva da un nobilissimo etimo arabo : faquil, dapprima dato ai maestri in teologia, passato in secondo luogo per indicare uno scritturale e poi un venditore ambulante per arrivare poi ad un mestiere che rende di più e cioè, il facchino.
Nota bene : per il facchino di dogana, mestiere diffusissimo durante la Serenissima, il termine dialettale corretto è bastazo (dall'italiano basto, soma, peso).

12 commenti:

  1. Caro Elio, le tue annotazione sui Doge è grandiosa conosci ogni Doge di tutti i tempi.
    Ciao e buona serata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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  2. Forse ti deludo, ma non è che io conosca la storia dei dogi così in dettaglio. Mi aiuto con un libro che ho comperato molti anni fa a Venezia e che mi permette di migliorare le mie conoscenze personali. Ti ringrazio per la visita e vengo da te al più presto (problema fisico per mia moglie). Un amichevole abbraccio.

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  3. Storia interessante anche questa , ma poi erano sempre in guerra 'stì Dogi .
    Forse era meglio che Contarini rifiutasse il Dogado , visto che era stato
    avvisato dall'arabo , ma già , gli avrebbero confiscato i beni e allora.....
    Mi sembra il primo con un Dogado così lungo : 14 anni . Mi incuriosisce
    come è morto . L'hanno ammazzato ? Alla prossima puntata .

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  4. Certo Laura, alla prossima puntata di fine settimana. Le guerre della Repubblica Veneta sono terminate solo con l'ultimo doge, il 120°, Lodovico Manin, che nel 1797 fu deposto da Napoleone Bonaparte. Siamo quindi ad 1/3 dei dogi. A proposito di Napoleone, sai che è stato lui a far fare il Terraglio (la strada che va da Treviso a Venezia) ? Era proprio per poter raggiungere la città senza attaccarla via mare e si dice che, quando uno degli operai o dei prigionieri di guerra moriva, veniva messo sotto la terra della strada per guadagnare spazio. Ma forse è una diceria popolare che si tramanda di generazione in generazione. Buonanotte a tutti due.

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    Risposte
    1. No ,non sapevo che a Napoleone avesse costruito detta strada , nè
      la storia di morti sotterrati . (se è vero) . Sarà meglio che mi studi
      la storia di Napoleone , in gran parte dimenticata .Ma davvero non
      c'erano altre strade x giungere a Venezia ? Bonnè Nuit à vous deux
      et aux chats .

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    2. Un'altra possibilità era via mare ma preferì attaccare via terra. Come ho detto è una storia che si tramanda di generazione in generazione e non so se possa essere confermata su qualche libro di storia. Farò una ricerca su internet. Buona giornata.

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  5. Sempre interessanti questi profili. Attendo la seconda parte.

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    1. Grazie Daniele. Scusa se per il momento non sono troppo presente ma mia moglie si è fratturata il radio del braccio destro. Come puoi ben immaginare la mia giornata è molto piena. Vengo a trovarti al più presto. Buona serata.

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  6. Risposte
    1. Merci Elisabete. A toi aussi et je viens te voir sur ton blog. Ciao.

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  7. Olá meu querido,
    Amei o texto e fiquei na expectativa da continuação, eu particularmente gosto muito dessas histórias que são contadas por gerações porque essa é a verdade de povo mesmo que com acréscimos, nos livros as histórias também tem suas inverdades mas previamente estudadas para influenciar determinados grupos .
    Desejo-lhe uma ótimo final de semana.
    beijos
    Joelma

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    Risposte
    1. Grazie Joelma buon fine settimana anche a te ed a tutta la tribù. Visto il tuo desiderio di conoscere il seguito, vado subito a pubblicarlo. Ciao.

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